Costi energia: anche questo 2025 prende l’avvio con una forte preoccupazione inerente gli aumenti del 35% che hanno segnato le prime settimane di gennaio.
La situazione è particolarmente critica per il settore siderurgico, considerato tra i più energivori dell’industria italiana. Il prezzo del metano è salito drasticamente da 35,23 euro al megawattora a 47,33 euro, con un impatto diretto sui costi di produzione. Come evidenziato dagli esperti del settore, questo aumento si traduce in un costo dell’energia elettrica di circa 135 euro al MWh, cifra che pesa notevolmente sui processi produttivi delle acciaierie.
«Ricordiamo che il prezzo dell’energia elettrica è legato a quello del gas — ha spiegato il direttore di Confindustria Trento Roberto Busato —. Metano a 50 euro al megawattora significa energia elettrica a 135 euro al MWh. L’impatto sarà dunque non solo per le aziende a forte consumo di gas, come cartiere, cementifici, vetrerie, ma anche per tutte le altre grandi utilizzatrici di energia elettrica»
L’interruzione delle forniture di gas russo attraverso l’Ucraina dal primo gennaio 2025 ha ulteriormente complicato il quadro, riportando alla memoria le difficoltà affrontate nel 2022, anno in cui i costi energetici avevano raggiunto livelli record. Per il settore siderurgico, dove l’energia rappresenta una componente fondamentale dei costi di produzione, questi aumenti rischiando di compromettere la competitività sul mercato internazionale.
Costi energia: comparto siderurgico tra i più attenti alle oscillazioni di prezzo
Tra i settori più attenti alle oscillazioni dei prezzi dell’energia vi è senza dubbio quello siderurgico e nello specifico, il comparto delle fonderie (900 aziende, 7,6 miliardi di ricavi).
L’impatto sui costi di produzione negli ultimi anni ha infatti avuto conseguenze importanti: dal 19%, l’incidenza dell’energia è salita a una media del 25% nel 2022, toccando un picco del 29% durante la crisi di settembre. Oggi, con il settore, che già registra un calo di 14 punti nella produzione del terzo trimestre, teme di rivivere una situazione analoga. Nonostante i contratti con i clienti offrano una parziale protezione attraverso adeguamenti legati alle variazioni del Pun (Prezzo Unico Nazionale), questa tutela risulta insufficiente.
Come evidenzia il presidente di Assofond, se gli aumenti in Italia supereranno quelli degli altri paesi, ampliando ulteriormente il divario esistente, i clienti potrebbero rivolgersi a fornitori esteri, con un concreto rischio di perdita di competitività e quote di mercato per le aziende italiane.
La risposta sostenibile di Fin Fer
In questo contesto sfidante, Fin Fer si distingue per la sua visione lungimirante orientata alla sostenibilità. L’azienda ha implementato una strategia di autosufficienza energetica attraverso significativi investimenti in impianti fotovoltaici. Questa scelta sta dando i suoi frutti: attualmente, più del 60% del fabbisogno energetico di Fin Fer viene soddisfatto da fonti pulite e autoprodotte, garantendo non solo una maggiore indipendenza dalle fluttuazioni del mercato energetico, ma anche un contributo concreto alla sostenibilità ambientale.
Questa soluzione rappresenta un modello virtuoso per l’intero settore, dimostrando come l’investimento in energia rinnovabile non sia solo una scelta ecologica, ma anche una strategia efficace per garantire la stabilità economica dell’azienda nel lungo periodo.